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Canta Napoli: ed è una musica che squarcia le tenebre ed accompagna le lacrime di una città incredula: Campione d’Italia, come nessuno avrebbe sospettato ad agosto, andando oltre ogni limite e prendendosi un titolo che è la sintesi del coraggio e della tenacia. Campione d’Italia con una squadra di valore ma non la più forte, non la favorita, e un allenatore che ci ha creduto sempre, anche quando sembrava che non esistessero più le condizioni, e ce ne sono stati momenti.
Campione d’Italia è un club che ha saputo rialzarsi, ha investito 150 milioni nella scorsa estate, ha rischiato privandosi di Kvaratskhelia a gennaio e però ha resistito. Campione d’Italia al minuto 42′ di un’ennesima notte folle, perché su un pallone deliziosamente indecifrabile tra l’ansia di uno stadio (e di una città intera), Scott McTominay si è inventato un capolavoro nel capolavoro e quando è arrivato il traversone di Politano, senza pensarci su, avvitandosi su se stesso ed ignorando qualsiasi banalità, con quella che una volta, ma anche oggi, si chiama sforbiciata, ha spaccato la notte di Napoli. È stato un assalto ritmicamente portato al sogno, lasciando che il Napoli danzasse all’orgogliosa reazione del Cagliari, sfiorando il gol ripetutamente – subito con Raspadori, poi con Politano e a seguire con Spinazzola – ma quando al Maradona sono comparsi i fantasmi perché da Como è arrivata la notizia del gol dell’Inter, la squadra di Conte non si è scomposta, non è andata in confusione, ha continuato a giocare, pensando che in fin dei conti sarebbe bastato un solo gol.